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Gli estranei siamo noi – Irma e il post-hardcore resistente

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Per Marzo tocca fare un salto indietro, abbastanza indietro, in un periodo forse ormai dimenticato. Anzi in due periodi per l’esattezza. Il più recente è quello della pandemia da Covid di cui di certo non bisogna ricordare nulla a nessuno. Sono successe, e non sono successe, molte cose e tra queste la formazione di un gruppo che adesso sono gli Irma. Il secondo periodo per contro sembra ci sia bisogno di ricordarlo a tutti, è quello della resistenza al nazifascismo e da cui gli Irma poco velatamente prendono il nome. Riportano in superficie il nome di Irma Bandiera, partigiana del bolognese arrestata e seviziata dai fascisti per ottenere informazioni, accecata con una baionetta e infine fucilata perché non cedette alle torture.

Ho avuto la fortuna di fare una chiacchierata con qualche componente della band lombarda per parlare del loro primo disco Del nostro scontento. Gli Irma professano un “post-hardcore ad alta resistenza”. Facce solite dei concerti tra Lodi, Brescia e Bergamo, nel vuoto pandemico si riuniscono stavolta non più per ascoltare ma per suonare. Dopo un anno a scrivere brani senza cantante ad Antonio, Marco e Riccardo si unisce Andrea, già militante nei Requiem for Paola P., che darà voce ai pensieri degli Irma. Infatti insieme al bisogno di suonare c’è l’indissolubile necessità di dare un contenuto reale a questa musica. Infatti, citando quel che dice Marco, “la musica non porta a niente in sè ma può predisporre le persone a certe idee e potenziarle, creare l’atmosfera per un azione vera”. I brani degli Irma mescolano l’immaginario più personale e rarefatto dello screamo con la cronaca/critica del presente più tipica del punk. All’ascolto si avverte “una persona che annaspa” ma la causa sono le questioni sociali sempre più pressanti nel nostro mondo. L’altra Riva è il brano dedicato proprio ad Irma Bandiera. Un centinaio di infelicità parla di capitalismo, produzione e società del consumo e da qui “la rinuncia come rivoluzione”, insieme alla citazione dal film L’Odio (La Haine) “il mondo è nostro” contro il mondo che invece vogliono offrirci le pubblicità, creando una realtà illusoria e falsi bisogni. Non a caso il logo degli Irma è un condominio che brucia, il nostro mondo che brucia ma da cui apparentemente nessuno vuole uscire, rinchiusi tra false pareti di cristallo.

Del nostro scontento ha avuto una lunga gestazione, è stato scritto ed si è evoluto in tre anni. Pubblicato a gennaio 2024 e anticipato nell’autunno dalla prima traccia del disco, Megattera. Nove brani con cui piazzarsi di netto nell’underground italiano. Come già detto, siamo nella macroarea del post-hardcore, passando da momenti dissonanti ad altri più melodici, che si intersecano con lo screamo. Il disco parte lanciato con Megattera e L’altra Riva, ma il battito rallenta andando verso il suo centro. In Ho visto i giorni troviamo ritmi post-punk. Arrivati a Nessun posto è segreto nel buio ci troviamo davanti una ballata quasi rock, frutto di ascolti come i Verdena, ammettono. Insomma, gli Irma non temono contaminazioni di nessun tipo, che li aiutano ad uscire dalle soluzioni più classiche del genere. Tra i loro riferimenti figurano i Birds in Row, ma di fatto ogni concerto visto assieme è stato rielaborato collettivamente e utilizzato nella scrittura.

Totalmente autoprodotto, registrato al Trai da Mario Rizzotto (Pioggiadanza Produzioni) e con master di Fabio Intraina, forse in futuro vedrà delle stampe. La gestione del tutto sta alla band e alla spontaneità con cui si approccia al proprio percorso.

Se volete assaggiare un po’ di Irma stanno già girando l’Italia in varie tappe tra Lodi, Bologna, Cosenza, Parma, Milano, Trento ed altre. Fate un salto, acchiappate una maglia se ne trovate ancora, e ragionate su quel che hanno da dirvi.