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Raccomandazioni #22: Le scelte della vita, la luna e i Rookie Card

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Supponiamo tu sia in grado ogni notte di fare qualsiasi sogno tu voglia. E che, ad esempio, potessi avere il potere di sognare in una notte un tempo di settantacinque anni. Oppure qualsiasi durata di tempo volessi. E che naturalmente, avendo iniziato quest’avventura di sogni potessi soddisfare tutti i tuoi desideri. Potresti avere ogni tipo di piacere. E dopo parecchie notti di settantacinque anni di piacere totale ciascuna, diresti: “Be’, è stato proprio magnifico! Ma adesso. . . Sorprendiamoci! Facciamo un sogno che non sia sotto controllo, dove qualcosa sta per accadermi ma io non so cosa sarà.” E te lo godresti. E uscitone diresti “Caspita, ce la siamo cavata per un pelo, vero?” Poi diventeresti sempre più intraprendente e faresti sempre più scommesse su quello che sogneresti. Alla fine faresti il sogno di vivere la vita che in realtà stai vivendo oggi.

Con questa citazione di Alan W. Watts si apre We Chose to Go to the Moon, l’ultimo disco e primo LP dei Rookie Card. Caleb e Gunnar, da Billings nel Montana, hanno iniziato a lavorare a questo progetto dalle superiori, adesso dopo anni tengono tra le mani qualcosa di forse unico. Partono dall’emocore classico ma sono stanchi dello stallo a cui spesso si trovano le band attuali, bloccate consapevolmente o no nel ripetere le stesse soluzioni di sempre. A questo punto masticano e rimasticano le idee, i riff e li sputano fuori arricchiti. L’elemento che più salta fuori è l’unione di basso, batteria e chitarra a campionamenti e synth. I campionamenti danno il via al disco, con un conto alla rovescia spezzato in due nel primo pezzo (Ismay). Per partire verso la luna. Una volta sulla luna, i samples scandiscono le varie transizioni lungo il disco. I synth sono la parte più peculiare, permettono al duo di ampliare le sonorità. Permettono di avventurarsi, senza uscire dal genere, ma generando spazi e sensazioni nuove e potenziate. Quello che dovremmo fare tutti di fronte a generi belli e altrettanto stantii. L’intero disco gioca continuamente su una sottile linea tra la malinconia, la tristezza e la speranza. La musica e le urla nella loro disperazione in realtà lasciano delle vibrazioni positive.

Il tema dello spazio, la scelta di andare sulla luna, viene eviscerato nel disco come determinazione della propria vita. La scelta, quella che facciamo ogni giorno, determina la vita che poi viviamo. La luna è una direzione precisa, verso cui non sempre magari sappiamo di andare, ma verso cui costruiamo un percorso quotidianamente. Tutto questo intervallato da momenti più personali, riferiti alla perdita, agli affetti e la famiglia. Momenti a cui, nostro malgrado, non possiamo sottrarci nel vivere il nostro percorso.

In questo LP troviamo 8 pezzi, si apre con Mammoth, uno strumentale di synth che accompagna il racconto di Alan Watts. Sei pezzi scorrono veloci uno dopo l’altro in una corsa con il sorriso in faccia e l’amaro in bocca, tra Ismay, Chicago, Dog Named Beau, Wondement, Celadon e We Chose to Go to The Moon c’è il rischio di pogare e spezzarsi il collo. Jinx chiude il disco con uno strumentale di piano e synth, riposa le orecchie e prepara al proprio percorso verso lo spazio.

“Il nostro LP di debutto 🙂
fatto con sangue, sudore e scorregge”