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I Just Wasn’t Made for These Times 

di:

Kafka Break #3

Sii uno che apre le porte a coloro che vengono dopo di te, e non cercare di rendere l’universo un vicolo cieco. 

Continuo a cercare un posto in cui stare dove potermi esprimere. Forse l’ho trovato, forse no. Penso che i giorni dei forse, vedrò e saprò stiano per terminare. E non sarà mai troppo presto. Scrivo questo per me perché io mi appartengo e mi voglio bene, malgrado tutto.  Come quei dischi che nessuno ascolta, quei film che non piacciono nemmeno a chi li ha ideati. È come un sogno che non riesci a decifrare, ma la cosa più importante è continuare a sognare, a vivere, nel ricordo dei momenti belli, se davvero ce ne sono stati. Se davvero pensi che possano tornare, torneranno. 

C’è stato un momento in cui non poteva durare e hai provato a viverlo al meglio. Fai mille cose, ma sono solo le tue paranoie a buttarti giù dalle scale, come se non ci fosse nessun modo di fermarsi. Ma è lo stesso la mattina, quando sei sveglio. Troppo tardi! È partita questa scarica di batteria e sei già giù in strada come quando avevi 16 anni e te ne fregavi di tutto, nei tuoi pensieri e dentro quei vaporosi sogni di rock and roll. 

Per me è stato un Walkman Sony comprato in un centro commerciale a darmi libertà. Decisi che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata in meglio e fu proprio così! Perché avevo letto Jack Kerouac e stavo ascoltando Bob Dylan. Non capivo bene le parole, ma lo stato d’animo mi era chiaro: era un inno alla libertà e al potere del cambiamento e dell’autodeterminazione.

Sono sopravvissuto a una mente disturbata. Ho cercato un posto nel mondo, un punto di contatto dove far sgorgare i miei folli pensieri e le mie visioni disturbate. Ho spinto a tavoletta quello che potevo, come potevo e dove potevo. “Come una pietra scalciata”, che rotola come me stesso mentre scivolo giù da queste scale maledette. Fa male solo quando atterri sul duro marmo, ma quanto ci si sente liberi, quando si spicca il volo o si perde l’equilibrio? Provare e provocare vertigini: cosa c’è di meglio? Erano vertigini o vergini? Perché, fa forse differenza? 

Senti un pianoforte in lontananza e pensi di poterti unire per una jam session di rancore e malcelata autostima. Sei troppo giovane per bere e fumare, ma i tempi sembrano essere cambiati e poi nessuno ci fa caso, adesso. Non è forse questo lo scopo di essere giovane e di vivere fino in fondo una serata, un periodo in cui tutto quello che ti accade è nuovo, tutto merita di essere vissuto. 

Hai deciso di viverlo con un notes e una penna sempre pronta ad annotare tutto ciò che accade. Non è il momento dei grandi mutamenti e senza rendertene conto ti troverai da solo, ancora una volta sulla strada, pieno di voglia di vivere e di bruciare, un’altra inutile estate. A rigore, non esiste la storia; solo la biografia

La vita non è fatta per ricordare una stagione come l’estate, altrimenti non ci avrebbero fatto vivere un periodo così lungo in ciabatte e costume, non credi? Per me tutto ciò che c’è di vero è in strada. Il resto è solo letteratura, di qualità, sia chiaro, ma pur sempre artificio. Mi ero assunto l’impegno di raccontare e di vivere il quotidiano. Pensavo per i posteri, ma alla fine l’ho fatto esclusivamente per me stesso. Ciò che importa è la vita, non l’aver vissuto. C’era questa musicassetta dove mi avevano copiato un po’ di cose: come il primo disco di Bruce Springsteen e alcuni dei più importanti successi di Bob Dylan. Ora, io non sapevo nulla di questo Dylan, se non che fosse un gran fico e che scriveva versi degni dei sonetti di Shakespeare. Sì, non sapevo molto del mondo e tutto quello che avevo appreso era per merito dei libri. I libri erano i miei amici e la mia dimensione esistenziale. 

E pensa che scemo! Così pieno di sogni di poesia, di marachelle mai confessate. Non ero per forza di cose un monello, ma nemmeno un ragazzino ubbidiente. Cercavo di pensare con la mia testa, anche se non avevo molte cose su cui riflettere, se non sul perché i miei capelli fossero così vaporosi, dopo averli lavati. Iniziavo a conoscere il mio corpo, ma ero più attratto da ciò che mi passava per la mente e dal mio mondo interiore, quasi visionario. Penso che le visioni per chi vive in provincia siano il vero antidoto per non impazzire e per resistere in circolazione, in una valle di lacrime.

Oh, non chiedere “Cosa?” Andiamo a fare la nostra visita, dice T.S. Eliot in quella poesia, e chi sono io per pensarla diversamente da lui. Non ho mai avuto nulla da obiettare al mondo. È stato il mondo a obiettare tante cose di me, ma per questo aspetto, non gli serbo certo rancore. Del resto nessuno è mai pronto a ricevere qualcosa senza averlo chiesto. Io sono fatto così. Do sempre la risposta giusta, al momento giusto, anche se nessuno me lo chiede. Più che un dramma, una tragedia, ma non c’è da pensarci troppo. Basta schiacciare play per poter ascoltare un altro pezzo. Il tempo del rimpianto, della rinuncia, prima o poi verranno anche per me e per te, ma non è oggi: di questo non possiamo far altro che gioirne. 

Ho sentito dire: – Sono le persone critiche che guidano il miglioramento. Sono le persone critiche i veri ottimisti.

Continuo a cercare un posto in cui stare e ascoltare un po’ di buona musica, da Brian Wilson a Bob Dylan, passando per ogni cosa mi capiti a tiro e riesca a destare la mia attenzione e il mio interesse. 

Sapete dirmi se qualcuno oggi riesce a far diversamente? Per me è impossibile. Per me l’arte è la sola cosa per cui vale la pena vivere, in questo buco di posto, in una sterminata valle di lacrime che è la mia anima lacerata, ma non certo rassegnata, né vinta! 

Un posto buono per te e per me, amico mio. I Just Wasn’t Made for These Times.

 Come diceva il grande Ralph Waldo Emerson: “Confida in te stesso: ogni cuore vibra a una tale corda di ferro. Accetta il posto che il divino provvedere ha trovato per te, la società dei tuoi contemporanei, la connessione degli eventi. Gli uomini grandi sempre fecero così, e affidarono sé stessi fanciullescamente al genio della loro età, testimoniando la loro percezione che l’assolutamente affidabile aveva preso posto nei loro cuori, operando attraverso le loro mani, prendendo possesso di tutto il loro essere.”

Immagine di copertina di Mirko Iannicelli.