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I concerti del mese: Settembre 2023

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Parlerò spesso di concerti al Monk, una solida struttura in zona Stazione Tiburtina – Roma. Quest’anno infatti, come già anticipato in questo articolo, c’è un’ottima offerta di musica Live.

Savana Funk

L’inizio non è stato semplice, reduce da un’ultima esperienza mistica avuta partecipando ad uno show degli Young Fathers. Aspettative basse, ma i Savana Funk hanno comunque messo l’energia giusta per uno spettacolo intenso e significativo.

Il trio (+1) emiliano è composto da Aldo Betto (chitarra), Blake Franchetto (basso) e Youssef Ait Buozza (batteria). Buon amalgama fa a meno questa volta del tastierista, e forse era proprio questo il tassello mancante alla serata di ieri. La forza c’è, groove e tecnica non mancano, ma forse la performance è sbilanciata troppo su un (passatemi il termine) “Africcardonismo”* di maniera, specie per quel che riguarda l’uso della chitarra, assoluta protagonista, a volte eccessiva, di tutta la serata.

La parte migliore del concerto è decisamente l’ultima, non perché si avvia verso la fine anzi: lì ci sono pezzi più coerenti, in cui la bravura del trio si miscela e rende il concerto ipnotico e carico di atmosfere emozionanti. La parte centrale, forse troppo tesa a manifestare la sapienza tecnica dei 3 che si manifesta in assoli esagerati, ha avuto anche un merito: quello di mostrarmi l’assoluta incapacità del pubblico romano di godersi una serata di musica. Il concerto comunque c’era, divertente e appassionante, ma veramente osceno, durante le pause fra le canzoni o nei momenti in cui il volume scendeva, accorgersi di come una buona percentuale delle persone preferisse chiacchierare, generando un vocio fastidioso come succede spesso nei locali con consumazione e tavolini: protagonismo senza fine di una generazione musicalmente maleducata. Speriamo che la prossima serata non sia una conferma di questa orribile tendenza del pubblico.

*Africcardonismo: neologismo nato come crasi fra i termini Africa e Riccardone.

bar italia

Grande curiosità per questa band di stanza a Londra, composta da un tridente per 2/3 inglese e per 1/3 romano; in questa che è (se non mi sbaglio) la prima tournee a toccare la capitale, il terzetto è affiancato da altri due validi elementi: le premesse ci sono e sono ottime.

Prima di iniziare, il Monk accoglie una band di supporto che ci fa precipitare in un loop spazio temporale: siamo di nuovo a La Palma, i miei capelli sono tornati folti, sul palco c’è una miscela di Lunapop accoppiatisi male con Finley e Green Day. L’incubo svanisce, gli strumenti vengono portati via e i componenti dei bar Italia escono a sistemare la loro strumentazione (non al meglio direi, visti i non perfetti risultati durante l’esibizione, ma dettagli trascurabili per quella che è la serata).

I bar italia si stanno facendo strada nel mondo alternative, e si vede anche osservando il pubblico in sala: a differenza del concerto di cui ho parlato sopra, l’età media si abbassa, le lingue parlate nel locale sono variegate (meno dialetti del sud e più cadenze gutturali del nord Europa). Il Monk è tornato sé stesso e si è trasfigurato in quello che dovrebbe iniziare ad essere ogni locale (quali?) di Roma dedicato alla musica non mainstream.

Basso e Batteria iniziano a picchiare, il concerto parte piacione con il singolo più conosciuto e come d’incanto mi sembra di tornare indietro di qualche settimana (vedi “Festival a Parigi“): posso ascoltare un gruppo di respiro internazionale, e per Roma questo non è affatto scontato.

Le tre voci dei bar Italia si palleggiano le liriche dei vari brani come in un match di pallavolo: Nina Cristante inizia l’azione con delicatezza e fascino, Sam Fenton alza la palla con morbidezza e toni nostalgici, Jezmi Fehmi schiaccia con la sua voce post punk aggressiva e rotonda, alzando la potenza con la chitarra portante.

Il concerto vola senza stancare, fra molte gioie (soprattutto per i ragazzi del pubblico completamente imbambolati dall’algida bellezza della bassista e dalla colpevole innocenza di Nina) e piccole imperfezioni: la voce di Cristante non è pura ed eterea come nelle performance in studio.

In generale c’è una grande differenza fra la band ascoltata Live (più sfrontata e prepotente in certi passaggi) e quella che conoscevamo grazie agli album in studio: tutto questo non è un male, anzi!

Tirando le somme: una serata non certo indimenticabile, ma comunque godibile e ricca di sorprese ed emozioni, prima fra tutti quella offerta dall’atmosfera che si è andata creando durante tutta l’esibizione in quel gioiellino di locale che sta diventando il Monk.