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NICOLA MANZAN: BERVISMO PER PIU’

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Mi sveglio una mattina è vedo che Nicola Manzan ha pubblicato un disco, qualche buona notizia ‘sto 2021 ce la regala.

Mi metto subito in contatto con lui e riesco ad agganciarlo per un’intervista, che si prolunga per quasi 3 ore, letteralmente volate.

Parliamo del periodaccio che stiamo vivendo, nonostante tutto sta lavorando e mi fa molto piacere, ma all’idea dei concerti col coprifuoco alle 22 siamo scoppiati a ridere. Effettivamente è assurdo. Effettivamente c’è poco da ridere.

Usciamo da un anno che ha già bastonato il settore, ma questo che arriva sembra quasi peggiore.

Cerco di capire com’è messo a tour e mi spiega che sono in prospettiva un paio di date con Bologna Violenta, forse quattro con Ronin e una con Torso Virile Colossale (che a proposito è quasi in uscita col nuovo singolo in prospettiva del nuovo album!): insomma, dagli n concerti all’anno ai 7 in previsione di questo, sono botte da orbi.

Gli chiedo cosa ne pensa dei live streaming che impazzano sul web e, per quanto abbia rispetto per chi se ne occupa, pensa che qualcosa non funzioni: una sovrabbondanza di offerta senza selezione che fa emergere robe valide intervallate da gente fuori di testa che smercia cose inquietanti, come il tipo che urlava “CE LA FAREMO” dai balconi, per capirsi.

“Così si abbassa il livello di qualità. Anche per quelli bravi è veramente difficile riuscire a suonare senza un pubblico, non funziona sempre: i concerti sono un’altra cosa”.

Lui ne ha fatti un paio, non proprio live streaming, ma registrati e poi mandati online: il 25 aprile 2020 per “Ferrara sotto le stelle”, la sonorizzazione di un film muto sulla liberazione, e il 13 maggio dello stesso anno per i Musei civici di Reggio Emilia, che senza saperlo sarebbe stato l’intro al disco appena uscito, sugli “Scemi di guerra”, che racconta i vari stadi della patologia di quei soldati traumatizzati dall’esperienza vissuta e rimasti invalidi nonostante elettroschock, ipnosi, riposo.

Parto con la domanda serie, quelle che è una vita che voglio fargli e finalmente ho l’occasione: come nasce un Manzan?

Intanto nasce in Veneto, e bene ricordarlo, intinto nella musica classica, che dai 5 anni in su lo accompagna praticamente fino ad oggi. Diplomato al conservatorio in violino (ovviamente!), si divertiva coi dischi del padre a fare djset in cantina, alternando Mozart a De Gregori.

A 14 anni la prima chitarra, gli ascolti metal e hardcore, e a 18 vende il piano per una chitarra elettrica sotto gli occhi attoniti dei genitori. Poi università a Cremona, musicologia, che abbandona relativamente presto. Troppi impegni: l’orchestra di musica classica e il gruppo crossover in cui suonava dal ’94 gli bastavano.

“Crescere con la musica classica mi ha reso noiosa tanta musica”.

Siamo pronti per la seconda domanda, quella che sò che il pubblico vuole: come nasce il bervismo?

Intanto mi porta a testimone (come per metà delle cose che ha fatto, a quanto pare) Alessandro Grazian, supermusicista che spero di poter intervistare prestissimo, con il quale nel 2007 durante un tour si ritrova in uno splendido b&b udinese: bello si, ma ghiacciato. Uno di quei posti alla mulino bianco, ma senza riscaldamenti e umido come una vasca per pesci. La mattina, il nostro, si ritrova davanti al guestbook e scrive “bervismo per più”. Lo stesso Grazian chiede cosa volesse dire e Manzan risponde, e lo fa da allora, “secondo te?”. Praticamente è stato il fautore di un esperimento sociale che ha tirato fuori dei risultati incredibili, facendo decidere alla gente il significato di una nuova parola, che vorremmo vedere nei dizionari al posto di petaloso magari: tirando le somme delle risposte che gli hanno dato si potrebbe definire il bervismo come un “nuovo modo di vedere la vita, in bene ma anche in male”, una sorta di iperbuddismo diciamo!

La terza domanda è quella da fan, e scusate se è poco: come nasce Bologna Violenta?

Mi racconta di questo periodo della sua vita in cui si trasferisce a Bologna, col gruppo che aveva non è andata come sperava e si ritrova a lavorare in Aviogrill all’aeroporto, dalle 5 alle 9 del mattino.

“Un ambiente pessimo, ma tutto sommato mi piaceva”.

Al rientro dal lavoro passava sempre per lo studio di Matteo Costa Romagnoli (Garrincha dischi), fin quando una mattina non entra in sala e decide di registrare la colonna sonora adatta a quel periodo, quindi decisamente violenta.

Registra i primi 13 pezzi in 13 giorni, fa una pausa di un mese e poi giù altri 13 pezzi. Stampa 100 copie da regalare agli amici e si ritrova a sfornarne 3500, quando si dice farsi prendere la mano… il risultato però arriva, perché mentre è in tour con i “non voglio che clara” incontra Lorenzo Bedini di Antenna Music Factory che gli fissa un live come apertura agli “Offlaga disco Pax”.

“Il disagio premia sempre”.

Come dargli torto.

Altra domanda, quella che non vedo l’ora di sentire la risposta: come nasce “La città del disordine. Storie di vita dal manicomio di San Lazzaro”?

Giorgia Cantoni (Musei Civici di Reggio Emilia) lo chiama, dopo aver visto Bologna Violenta e Torso Virile Colossale, e gli chiede di raccontare la storia di alcuni pazienti ricoverati nell’allora manicomio, oggi parte del “Museo della Psichiatria”. Per Manzan era un tema senza dubbio alieno, ma comincia a sfogliare le 17 cartelle, scelte fra più di centomila, e si rende subito conto che non vuole raccontare la follia che si viveva in quel posto, quanto più mettere in musica il lato umano di queste persone. Questa gente, ricordo che siamo a fine ‘800, veniva ricoverata per i motivi più disparati per, forse, non uscirne più; si provavano terapie varie (con l’uso d’acqua, luce o calore) spesso innovative e si cercava di capire quanto di biologico ci fosse nella loro malattia: grazie a Augusto Tamburini (amico del più famoso Cesare Lombroso) si gettarono le basi della moderna psichiatria. Un posto sicuramente difficile da sopportare, che però cercava di dare loro il giusto spazio per sopravvivere: veniva dato loro un lavoro da svolgere, a carnevale avevano il loro carro nella festa del paese e una volta l’anno “la città” veniva aperta ai cittadini e si andava a teatro.

le foto sono di Federico Marin

Delle cartelle che riceve, che troverete all’interno del disco, ne sceglie 8, quelle che per lui rappresentano un po’ la media dei “personaggi” che potevi trovare in manicomio. Me ne racconta due, che stanno agli estremi:

-Arturo A, un ragazzo di 23 anni che in seguito ad una delusione amorosa smette di mangiare, non dorme, si incazza e poi si calma velocemente: un depresso, insomma. Dentro la struttura classificano la sua profonda apatia come “demenza primitiva”, resta dentro per due anni, poi viene trasferito e se ne perdono le tracce.

-Concetta G, di 11 anni, finita in manicomio perché a 11 mesi ebbe una crisi epilettica che la lasciò ebete, urlante e con la testa dondolante: sulla sua cartella troviamo “ …nata in questo miserabile stato. Prognosi infausta”. Dopo 2 giorni la restituiscono al padre.

“Ho cercato di descriverli rispettando le loro personalità, il loro carattere, musicando i loro stati d’animo a prescindere dalla condizione orribile ospedaliera: spesso tristi, dal destino irrisolto, tanti sono vissuti e morti dentro quelle mura, che alla fine era la loro casa”.

È per farlo Nicola Manzan utilizza tanti strumenti: l’organo, che si fonde col piano elettrico, poi gli archi e ancora i sinth. Classico, melodico, ma soprattutto audace. Sublime.

Questo è il primo album che esce con il suo nome stampato sopra, e dopo averlo ascoltato non vediamo l’ora di ascoltarne altri.

L’album, in uscita il 7 maggio per Overdirve Records e Dischi Bervisti, con i testi di Chiara Bombardieri (Bibioteca scientifica Carlo Livi) lo trovate qui.

L’ultima domanda, che si è fatto tardi, è quella da fare ad un gran divoratore di dischi: cosa ascolta in questo periodo Manzan?

Incredibilmente, mi dice, un album del 2021, un gruppo rock francese, Feu! Chatterton – Palais D’Argile: lui non ha ben capito cosa fanno, ma quella voce un po’ fuori lo ha stupito, un mix tra suoni vecchi e moderni, cantati in chiave rock.

Per le orecchie che vogliono soffrire invece The Lessing is Miracle · Kyle Gann Hyperchromatica, praticamente un nerd che suona 3 pianoforti stonati contemporaneamente: per lui è stimolante, perché sposta le dimensioni dell’ascolto (allegro e triste).

Per noi comuni mortali risulta di difficile approccio, diciamo. che servirebbe un approccio bervista…